Ma il Molise dov' è? Chi non avrebbe (quanto meno) qualche attimo di «spaesamento» prima di rispondere? Lo si confonde spesso con l' Abruzzo, lo si associa, a seconda dei versanti, con la Campania o la Puglia. Ma al di là della collocazione geografica, la piccola regione nel cuore dell' Appennino è praticamente sconosciuta. Un cuore di natura e storia dell' Italia tutto da scoprire. Non fatevi ingannare dal territorio relativamente piccolo. Tra la lineare costa di Termoli e le aspre vette del Matese, l' orografia è dolcemente movimentata e genera molte anime. Riconducibili, però, a una natura agreste che ancora prevale con gentilezza e nostalgia sugli sprazzi di modernità.
Questa è la terra dei contadini fieri, seppur vessati, dei romanzi di Francesco Jovine; e dei pastori, la «gente buona», del poeta dialettale Eugenio Cirese. Questa è la terra che ha vissuto per millenni lungo le vie della transumanza, lunghi mesi di esilio con gli animali ma anche di dialogo e di scambio con le genti dei paesi che si attraversavano.
La traccia dei tratturi. Ecco che una proposta per un weekend molisano può essere quella di seguire la traccia dei tratturi, delle vere e proprie autostrade della pastorizia che un decreto dell' epoca aragonese stabilì di una larghezza pari a 111 metri e 60 cm, un multiplo della misura di riferimento del regno, il passo napoletano. Il Molise è solcato da quattro grandi tratturi, il L' Aquila-Foggia (244 km), detto anche «tratturo regio», il Pescasseroli-Candela (211 km), il Celano-Foggia (207 km) e il Castel di Sangro-Lucera (127 chilometri). Ci sono poi i «tratturelli» di collegamento larghi dai 32 ai 38 metri. Se si escludono le strade principali, statali e provinciali, ancora oggi che la transumanza a piedi non si pratica più da almeno 30 anni sembra esserci una sorta di rispetto per queste vie dell' identità molisana, come è possibile constatare da qualsiasi altura. E le case confinanti continuano a non avere finestre o altre aperture sulla carreggiata. Città imperiale in miniatura.
Lungo i tratturi e nelle zone circostanti viaggia la storia della regione. Quella degli indomiti Sanniti che popolarono questi territori mettendosi a un certo punto a capo di tutte le gens italiche coalizzate contro Roma. E quella appunto dei Romani, infine vincitori con una feroce repressione. La prima arroccata sulle alture dove si custodivano i centri del potere ma senza una vera organizzazione urbana; la seconda a valle, costruita in modo razionale, sicura della sua potenza e della sua capacità di controllare e dominare qualsiasi pericolo. Un confronto di luoghi e di strategie. Prendiamo la straordinaria Sepino, in provincia di Campobasso, chiamata anche Altilia. Se l' antico insediamento sannita, Saipins, sorge con le sue rovine a quasi mille metri di altezza, giù sul Pescasseroli-Candela c' è una città imperiale in miniatura ottimamente conservata con il cardo e il decumano lastricati, la basilica con le colonne ioniche, il foro, le terme, il teatro, le porte fortificate. Su una di queste, una lapide ammonisce gli amministratori locali di non esagerare con i dazi (e le mazzette) da imporre ai guardiani delle mandrie di passaggio: Sepino era infatti una sosta doganale obbligata. Come nel Settecento Restaurata salvaguardando anche le case settecentesche costruite in alcuni punti sulle rovine, questo sito si può visitare a ingresso libero, sentendosi così un po' come i viaggiatori stranieri del Settecento. Anche perché non è difficile trovarvi pascolare le mandrie di ovini o di mucche podoliche. Nell' area, gli «stigli» (i covoni di legna) e la vite «maritata» attorno agli olmi e agli aceri testimoniano una viva presenza contadina. Più a ovest il paese di Bojano ha il suo contraltare sannita in alto nel borgo di Civita (poi sviluppatosi in epoca medievale, panorama spettacolare) e nei resti del tempio di Ercole Curino a Campochiaro (da visitare su richiesta).
Ma il posto più straordinario della civiltà autoctona è Pietrabbondante, tra le alture della provincia di Isernia. Per arrivarci si intravvedono o si attraversano una serie di paesini che si aggrappano sulle colline, conquistandone quasi sempre solo un versante. Ecco la suggestiva Pesche, una serie in verticale di viuzze e caverne, dove in questo periodo si svolge la rassegna «I presepi nel presepe»; ecco Carpinone, da dove parte (in estate) uno dei più emozionanti trenini d' Italia, su e giù per gli Appennini fino a Pescara; ecco Carovilli, famosa per i suoi formaggi, punto di incontro tra il Castel di Sangro-Lucera e il Pescasseroli-Candela, con una bellissima chiesa tratturale ai piedi di una roccia appena fuori dall' abitato; ecco Pescolanciano dominata dal castello medievale dei d' Alessandro (visitabile), dove è possibile cogliere gli emozionanti racconti della transumanza da Maria Assunta: chiedete di lei in paese, troverete una donna che dopo aver preparato per anni gli stazzi e aver aiutato le pecore a far nascere gli agnellini, ha portato un po' di femminismo in queste lande, vivendo il ' 68 da «pastora» («Le militanti cittadine, quando andavo alle manifestazioni, erano tutte incredule»).
L' abete bianco Pietrabbondante si raggiunge dopo aver attraversato la riserva di Collemeluccio, protetta dall' Unesco, uno dei rari posti in Italia che può vantare l' abete bianco autoctono. Lo straordinario sito archeologico domina da oltre mille metri di altitudine la valle del Trigno (sotto passa il Celano-Foggia): un imponente santuario per i sacrifici rituali e un teatro dove il Senato si riuniva per decidere le sorti del primo Stato confederato della storia. Particolarità: la platea ha i sedili ergonomici con lo schienale curvo. Un esempio «preistorico» di design.
Dall' omonimo paesino, che si estende sotto un' aspra roccia, la vista spazia fino ad Agnone, il celebre paese delle campane. Seguendo più a ovest il Castel di Sangro-Lucera si tocca sant' Angelo in Grotte, paese normanno con una caverna in cui si rivive il culto di san Michele Arcangelo. Qui la via della transumanza si unisce a quella dei pellegrini del XXI secolo che riscoprono a piedi la strada verso il santuario di Monte Sant' Angelo, sul Gargano. Più a valle, prima di entrare in terra pugliese, un' altra deviazione dal tratturo fa scoprire il sorprendente castello di Gambatesa, una rocca normanna interamente affrescata nel ' 500 da Donato Decumbertino, allievo del Vasari. Scene classiche, festoni di frutta, tromp l' oeil . E così, mentre tra le viuzze del paese nella notte di san Silvestro risuonavano (come adesso) le note dei suonatori del bufù (un particolare tamburo a frizione della tradizione molisana), il signorotto locale Andrea Di Capua, duca di Termoli, si poteva sentire come un Medici.
Articolo pubblicato su "Il Corriere della Sera" del 10 dicembre 2011. Firma di Alessandro Cannavò
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