Un viaggio a ritroso tra i ricordi, quelli dell’infanzia, di un passato a volte dimenticato, ma che rivive nelle tradizioni, nelle leggende, nei personaggi che hanno fatto la storia di Pietrabbondante. Pasqualina Fantini, originaria del paese in cui oggi risiede la più ampia testimonianza del mondo sannita, ha ricostruito in un libro la vita e la dimensione socio-culturale di quando era bambina, scavando indietro nelle memorie degli antenati. Centosessanta pagine di ricerche testuali e iconografiche, da cui viene fuori un lavoro semplice ed allo stesso tempo meticoloso. Dal titolo “Pietrabbondante, paese mio”.
“Sono nata nel Sannio – scrive la Fantini nella presentazione del libro – terra impervia, aspra, madre di un popolo fra i più gloriosi che ricordi la storia, non tanto per le conquiste o per i confusi e sempre inquieti rapporti e disastrosi conflitti con Roma, non tanto per il prestigio della sua civiltà attinta da quelle greca ed etrusca e trasmessa a quella cosiddetta italica, quanto per i suoi monumentali, maestosi edifici del periodo preromano”. Di qui si dispiegano le vicende che nascono dalle radici. Si alternano racconti sui personaggi e gli eventi più significativi, come l’inaugurazione del monumento ai caduti, il 22 ottobre del 1922. O le figure più caratteristiche, come quella del “banditore”, incaricato di diffondere le notizie con la sua inseparabile trombetta. Momenti corredati dagli articoli dei giornali del tempo.
Nella prima parte del libro, Pasqualina Fantini (nata a Pietrabbondante nel 1940, ora vive a Roma) si sofferma sui lavori contadini: mietitura e trebbiatura, sfogliatura del granturco, estrazione dell’olio. Descrive le attività artigianali, oggi purtroppo scomparse. Racconta delle mandrie, del bucato all’aperto alla “Fonte Vecchia”, dei piatti tipici della tradizione. E poi gli anni della scuola, quando le classi erano numerosissime e gli edifici (anche quelli delle contrade) erano pieni di alunni. Infine, lo sguardo sulla religiosità popolare, sul culto di San Vincenzo Ferreri, gli usi e i costumi, gli episodi più esclusivi, come quello delle “verginelle”, le bambine pagate per pregare..
La seconda parte del libro è invece incentrata sulla storia del treno, la vecchia ferrovia “Agnone – Pietrabbondante – Pescolanciano”, costruita nel 1906 e poi distrutta inesorabilmente dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, nel 1943. La Fantini ricorda “il trenino bianco dalle poltroncine di velluto rosso”, ne ripercorre le vicende. “Il Molise - scrive la pietrabbondantese – fu interessato dalle costruzioni ferroviarie a partire dal 1885, con la linea che collegava Termoli-Campobasso-Benevento, successivamente nel 1906 quella più importante, che avrebbe unito Sulmona-Carpineto-Caianello, con una diramazione verso Campobasso. […] Per la linea Agnone-Pietrabbondante-Pescolanciano si deve attendere il 1906, in quanto le vicissitudini politiche, economiche e sociali dell’inizio del secolo avevano concesso la priorità ad altre scelte, non ultime le pesanti pressioni politiche sul territorio che avevano dato la preferenza alla zona di Roccaraso piuttosto che all’alto Molise. E così l’Ing. Berenganica avanzò la richiesta di concessione della nostra ferrovia, detta “Sangritana” e di una Società Anonima per Azioni da creare ad hoc. […] Le scelte tecniche e funzionali di questa ferrovia in miniatura furono straordinarie ed indovinate per quei tempi, verosimilmente invidiabili da altre iniziative analoghe”. Peccato che oggi le ferrovie stiano sparendo.
Primo Piano Molise
A.Z.
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