lunedì 25 ottobre 2010

Ecomafia - E i clan portano i veleni in Molise

Esula un pò dal nostro blog ma è bene che venga condiviso e pubblicato.


di Rosaria Capacchione

NAPOLI (24 ottobre) - Al di là del Matese, lontano dagli occhi e dalle rotte battute dai trafficanti di veleni da vent’anni a questa parte. Si sono trasferiti là, in Molise, gli ecomafiosi collegati al clan dei Casalesi, gli uomini che hanno gestito il trasporto dei rifiuti tossici fino alle discariche, ormai sequestrate e inagibili, di Giugliano, Licola, Parete.

Operano soprattutto in provincia di Isernia, non disdegnano quella di Campobasso dove corteggiano due impianti autorizzati dalla Regione: la discarica di Montagano e il depuratore Cosib di Termoli.

Il monitoraggio avviato dalle associazioni ambientaliste molisane e dalle Procure di Santa Maria Capua Vetere, Larino e Isernia segnala il rischio di infiltrazioni camorristiche e la presenza di imprenditori del settore.

Come i fratelli Caturano di Maddaloni e Toni Gattola, cognato del capozona casalese di Cancello Arnone e controllore della discarica Magest di Licola, già coinvolti in varie inchieste - da Re Mida a Madre Terra - sullo smaltimento illegale dei rifiuti. L’indagine conoscitiva conferma, dunque, quanto già segnalato nel 2008 dalla Dda di Campobasso, e cioè che «il Molise è diventato il punto finale di arrivo per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi, dove è facile occultare discariche abusive con la compiacenza di alcuni proprietari corrotti» . 

Sul tavolo dei magistrati di Larino è finito, nei giorni scorsi, il dossier-denuncia frutto di un’inchiesta pubblicata sul sito Primonumero.it sull’attività del depuratore e sul via vai di automezzi sospetti. «Dal lunedì al venerdì - è scritto - c’è un traffico di camion gialli con la scritta in rosso ”Autotrasporti Caturano”, per trasporto rifiuti, nel tratto Caianello-Venafro-Isernia-Bojano sino ad entrare nella zona di Campobasso: ma da lì se ne perdono le tracce». 

Antonio Caturano, viene ricordato, fu arrestato alcuni anni fa per ordine della Procura di Napoli (il pm Cristina Ribera, oggi alla Dda) nei pressi del cementificio Colacem di Venafro. Stava trasportando rifiuti tossici spacciati per fertilizzanti e destinati alla concimazione dei terreni agricoli, stesso sistema utilizzato in provincia di Caserta, dove sono state avvelenate decine di ettari di terreno, e documentato nelle due inchieste «Madre Terra». 

A far scattare l’allarme, lo smaltimento a Termoli del percolato prodotto dal consorzio unico di Napoli-Caserta; dalla discarica Colleferro, alle porte di Roma; dalla Ecoambiente di Casoria. Ma non basta. La Procura di Campobasso si starebbe interessando della discarica di Montagano nella quale, dall’agosto scorso, la Giuliani Environment è autorizzata a costruire e gestire un impianto per lo stoccaggio di rifiuti pericolosi. 

Denunciano le associazioni ambientaliste: ogni anno arrivano nella discarica di Montagano circa 50.000 tonnellate di rifiuti, non solo da Molise, e camion senza alcuna autorizzazione prefettizia di cui non si conosce né il carico né la provenienza. Aggiunge il consigliere regionale del Pd Michele Petraroia: «Si è accertato che ci sono circa 36.000 tonnellate di rifiuti, un quarto del totale dei rifiuti conferiti nelle discariche molisane, provengono da altre regioni, contrariamente a quanto dispone la normativa nazionale». 

E Isernia? La situazione è tutt’altro che sotto controllo. Sono una ventina le discariche abusive segnalate e sequestrate negli ultimi due anni. E non è ancora dimenticata la vicenda di Fragnete e di Colle Santa Maria, sversatoi nei quali è finito di tutto (dai rifiuti urbani a quelli chimici) e mai bonificati. (fonte: Il Mattino)

Si veda anche: Ecomafia in Molise da L'Infiltrato


RIFIUTI, I CAMION DELLA CAMORRA 
IN MOLISE

di Paolo De Chiara (dechiarapaolo@gmail.com)
“Si sono trasferiti in Molise gli eco mafiosi collegati al clan dei Casalesi, gli uomini che hanno gestito il trasporto dei rifiuti tossici fino alle discariche, ormai sequestrate e inagibili, di Giugliano, Licola, Parete. Operano soprattutto in provincia di Isernia, non disdegnano quella di Campobasso dove corteggiano due impianti autorizzati dalla Regione: la discarica di Montagano e il depuratore Cosib di Termoli”. In questo modo la giornalista de Il Mattino Rosaria Capacchione, minacciata di morte dalla camorra, si è espressa in un articolo uscito ieri su Il Mattino (“E i clan portano i veleni in Molise”). Da troppi anni in Molise è stato lanciato l’allarme. Secondo Rosaria Capacchione, che abbiamo sentito telefonicamente: “I segnali c’erano anche prima. Adesso ci sono più strumenti e più capacità per riconoscere quei segnali. Stiamo parlando di una situazione stabile. Loro si spostano dove ci sono i soldi da fare. E, soprattutto, dove possono operare più tranquillamente”. E in Molise operano da anni in silenzio. Per la classe dirigente di questa Regione “il Molise è un’isola felice”. Non è affatto così. In Molise le mafie fanno i loro sporchi affari. Riciclano il denaro sporco, investono e sversano i loro veleni. Già dieci anni fa si poteva apprendere dal Rapporto annuale sul fenomeno della criminalità organizzata: “Il Molise risente sia lungo la fascia adriatica che nella zona di Venafro e Termoli, di infiltrazioni dei sodalizi criminali pugliesi e campani. Nella provincia di Campobasso si sono, inoltre, verificati episodi estorsivi perpetrati da gruppi criminali di origine campana e pugliese, in collegamento con pregiudicati locali”. Nel Rapporto era chiaramente indicato che “nella provincia di Isernia la criminalità organizzata campana è attiva nel settore del traffico di sostanze stupefacenti; nelle zone di Venafro e del Matese (area, quest’ultima, condivisa con la provincia di Caserta) sarebbe inoltre riuscita ad infiltrarsi nel tessuto economico locale mediante il controllo di attività imprenditoriali. L’area a ridosso dei confini campani risente dell’influenza del clan La Torre di Mondragone (CE). Si sono, altresì, evidenziati segnali di acquisizioni, da parte di affiliati a cosche di origine catanese, di aziende da sfruttare per il riciclaggio di capitali illeciti”. Nel rapporto si evidenziano le operazioni più significative compiute dalle forze di polizia. Come quella del 13 luglio 2000 fatta a Termoli, dove i militari dell’Arma dei Carabinieri arrestarono il latitante Aniello Bidognetti, elemento di spicco del clan dei Casalesi, responsabile di associazione di tipo mafioso finalizzata alla commissione di omicidi, estorsione ed altro. Solo dopo dieci anni si è arrivati a siglare un Protocollo di Legalità tra la Prefettura di Isernia, la Provincia, le forze dell’ordine e diversi Comuni. Nel maggio scorso, precisamente a Cantalupo del Sannio, la divisione anticrimine della Questura di Napoli, mise le mani sui beni del boss di Sant’Anastasia Antonio Panico. Il valore degli appartamenti e dei terreni sequestrati si aggirava intorno ai due milioni di euro. Come non ricordare l’arresto di Massimiliano Conti, il 38enne originario di Pescolanciano, uno dei titolari delle quote societarie della sala “Bingo Boys” di Teverola, già al centro di inchieste di camorra. Mentre nel luglio scorso la direzione distrettuale antimafia di Napoli, nel blitz che portò in carcere 44 persone, evidenziò la presenza di due soggetti, presunti affiliati dei casalesi, a Toro, in provincia di Campobasso. Da qualche settimana avevano preso in affitto una casa nel piccolo centro molisano. In provincia di Isernia nel febbraio scorso, grazie all’operazione della guardia di finanza di Caserta, vennero messi i sigilli ai beni dell’imprenditore del gas Giuseppa Diana. L’esponente del clan dei Casalesi che aveva tentato anche la scalata per l’acquisizione della Lazio Calcio. I tanti segnali, come il sequestro di un’azienda (che operava solo sulla carta) ad Isernia. “L’Euroingros – secondo il comandante della guardia di finanza di Isernia Giacomo D’Apollonio – sulla carta era un’attività che operava nel settore dei detersivi. Ma di fatto non ha mai operato. La società era intestata a una persona fisica inesistente”. In questa occasione si registrò la presenza di Giovanni Sciacca, imprenditore di Mondragone, ritenuto dagli inquirenti vicino al clan camorristico La Torre. Lo stesso clan che compare nel rapporto sulla criminalità del 2000, predisposto dalle informazioni della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.Già alla fine degli anni ’80 il magistrato Imposimato parlava di appalti e di terra fertile per la camorra. “Anche questa Regione – si legge dalle cronache del Messaggero del 1 marzo 1988 - può costituire una terra di conquista della camorra. Bisogna vigilare”. Non si è vigilato. Il problema non è stato affrontato. “Per troppi anni il Molise – secondo l’ex presidente della Commissione Antimafia - ha sottovalutato la possibilità di infiltrazioni mafiose. Le mafie sono arrivate. La ‘ndrangheta, la sacra corona unita, la cosiddetta “società foggiana” che è quella realtà pugliese che ha una sua consistenza, la camorra. Il Molise per anni ha fatto finta di non vedere, per anni ha abbassato la guardia, per anni ha tacciato di irresponsabilità, paradossalmente isolando e colpendo, quelli che indicavano il male. Per anni questa Regione non ha fatto il proprio dovere. Le classi dirigenti di questa Regione non hanno fatto il proprio dovere”. Un episodio significativo, per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, si è registrato con la testimonianza, nel 2003, di un giornalista di TeleA. Che racconta di aver seguito un camion partito da Napoli carico di rifiuti nocivi che dovevano essere smaltiti a Ferrara. Questo camion, invece di proseguire per il nord, proseguì per Caianello in direzione Venafro. Arrivato nella zona del consorzio industriale di Pozzilli, entrò in un capannone e dopo qualche ora uscì e tornò a Napoli”. Nell’articolo di Rosaria Capacchione si legge che il Molise “è il punto finale di smaltimento dei materiali pericolosi”. Ma perché proprio in Molise? Lo abbiamo chiesto alla giornalista de Il Mattino: “In Campania le discariche sono piene e sono state aperte molte indagini. Quindi si è creata una certa sensibilizzazione sull’argomento. Adesso il contadino che deve prendere la roba e la deve internare non lo fa più. E’meglio, per loro, andare altrove”. Ecco perché è stato scelto il Molise. “Perché magari – ci ha confermato la giornalista nel mirino dei clan - non se ne accorge nessuno. Ci vuole tempo prima che qualcuno prenda coscienza del fatto che quella è un’attività criminale o un’attività legale, ma fatta con i soldi della criminalità. Ci vuole molto tempo. Noi siamo più abituati a riconoscerle queste cose. In un territorio vergine è difficile”. Ma sono serviti i tanti allarmi di questi ultimi anni? “L’allarme è servito a far aprire gli occhi”. E qual è il compito dei cittadini? Per Rosaria Capacchione: “I cittadini quando vedono qualcosa di strano devono denunciarlo. Se vedono camion che arrivano di notte in aperta campagna devono chiamare i carabinieri. Stiamo parlando di attentati alla loro vita. Non ci vuole nulla per inquinare le falde”. E proprio sul via vai dei camion si deve registrare la continua presenza sulle strade molisane dei “camion gialli con la scritta in rosso Autotrasporti Caturano”. Ma chi sono questi Caturano? “I Caturano – ci spiega Rosaria Capacchione - sono una costante delle inchieste sulle ecomafie. Compaiono sempre come nome. E’ possibile che abbiano un ruolo ancora più centrale di quello che hanno finora evidenziato le indagini”. E li vediamo passare in Molise. Soprattutto di notte. Proprio uno dei Caturano, qualche tempo fa, venne arrestato nei pressi della Colacem di Venafro. Trasportava rifiuti tossici. “Con lo stesso sistema – si legge nell’articolo di Rosaria Capacchione – utilizzato in provincia di Caserta, dove sono state avvelenate decine di ettari di terreno e documentato dalle due inchieste “Madre Terra”. E proprio nell’articolo de Il Mattino viene ricordato l’intervento del 2008 della Dda di Campobasso, che già indicava la Regione come “il punto finale di arrivo per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi, dove è facile occultare discariche abusive con la compiacenza di alcuni proprietari corrotti”. Oggi, per quanto riguarda la discarica di Montagano, dove dal 2008 la Giuliani Environment è autorizzata a costruire e gestire un impianto per lo stoccaggio di rifiuti pericolosi, si registrano le parole del primo cittadino. Alle quali ribatte con forza il consigliere regionale Michele Petraroia: “Il sindaco sbaglia, perché non si possono risolvere i problemi finanziari dando pareri positivi per tenere sul proprio territorio la più grande discarica del Molise. Si da l’autorizzazione per la realizzazione di un impianto di stoccaggio di rifiuti tossici e nocivi, quando la legge nazionale e il piano regionale dei rifiuti stabilisce che questi impianti, per i rifiuti speciali e tossici, vanno realizzati all’interno delle aree industriali. E’ una scelta sbagliata”. Per l’attuale componente della commissione Antimafia la questione della presenza delle mafie in Molise: “E’ un argomento con cui dovete fare i conti. Diffidate dalle classe dirigenti che difendono il buon nome della vostra Regione. Che si stracciano le vesti e gridano allo scandalo quando si affrontano tali temi. Le mafie vanno scoperte non quando ci sono gli omicidi. Le mafie vanno colpite quando riciclano. Quando costruiscono. Lì le classi dirigenti devono dimostrare la loro maturità, in quel momento devono dimostrare di voler realmente bene al proprio territorio. Di amarlo. Segnali in questi anni ce ne sono stati”. E continuano ad esserci. “Le infiltrazioni ci sono - ha dichiarato il procuratore antimafia di Campobasso Armando D’Alterio – e vanno combattute. Chiudere gli occhi non serve a nulla”.

da LA VOCE DEL MOLISE, 25 ottobre 2010


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