Raffella Milandri, “Io e i Pigmei, cronache di una
donna nella foresta”,
edito da Polaris.
Viaggio tra i
Pigmei Baka,
“dove finiscono le
nostre certezze”
Raffaella Milandri |
Non è una semplice guida per
viaggiatori pronti a catapultarsi in un’avventura e non è neppure un racconto
straordinario su un popolo esotico e sconosciuto. L’esordio letterario di
Raffaella Milandri è un vero e proprio documento, in forma narrativa, sul mondo
dei Pigmei del Camerun, il Popolo della Foresta, lasciato dal genere umano in
balia della violenza e della discriminazione.
La fotografa e attivista per i
diritti umani è partita per le terre d’Africa quest’anno, mentre in Giappone lo
tzunami sconvolgeva la centrale nucleare di Fukushima, mentre in Libia i
ribelli tentavano di scacciare il rais Gheddafi, mentre in Camerun il dittatore
Paul Biya continua a dominare incontrastato da 29 anni. È partita da sola, come
è solita fare, con una sola missione: conoscere i Pigmei, vivere con loro per
un po’ e ascoltarli.
Dall’esperienza in quella che un tempo era una foresta
incontaminata e che oggi è depredata da multinazionali assetate dal dio denaro,
è nato “Io e i Pigmei, cronache di una donna nella foresta”. Un libro
avvincente, ricco di testimonianze orali e fotografiche, in cui è racchiusa
l’essenza della scrittrice. Una donna tenace, capace di arrivare in capo al
mondo pur di difendere, almeno con la conoscenza diretta e con l’informazione,
i popoli più deboli, talvolta in via d’estinzione. “Io ho sempre Sognato –
scrive Raffaella Milandri nella prefazione del testo- accompagnando i miei anni
di bambina con le letture dei fumetti di mio padre: Tex Willer, Zagor, Mister
No. Ho sognato di fantastiche esplorazioni in terre inesplorate, di crociate
per salvare tribù incontaminate, di galoppate con indiani nelle praterie
americane”.
La Milandri con i bambini Pigmei |
Dal sogno di bambina alla realtà, che si è rivelata più cruda di
quanto immaginato. “Quando, dopo una lunga malattia e una vita in punta di
piedi – racconta la scrittrice – mio padre mi ha lasciato, si illuminò di
fronte ai miei occhi la scritta “Time is now”, “il tempo è adesso”. I Sogni non
possono aspettare a oltranza: appassiscono e avvizziscono, come una pianta
inaridita. Prima che fosse troppo tardi, ho lasciato il mio lavoro da
amministratrice e sono partita all’avventura”. Ma il viaggio in Camerun, di cui
la Milandri descrive vicende, episodi non consueti e tabù, non è dei più
rilassanti. L’autrice soffre le difficoltà dell’essere una donna occidentale,
immersa in un ambiente privo di servizi, di acqua, di un posto comodo per
dormire, tra stranezze e contraddizioni. Con caparbietà e sensibilità per le
vite relegate dei Pigmei, Raffaella Milandri
riesce nel suo intento. Si addentra nella foresta e penetra nell’animo dei
Pigmei Baka (una minoranza etnica dichiarata a rischio di estinzione) si ferma
nei loro villaggi, ormai fuori dal loro habitat naturale, conosce i soprusi che
i Bantu, la razza fisicamente ed economicamente più forte, infliggono al popolo
inesorabilmente più debole. Racconta tutto nel suo libro, la Milandri, come una
sorta di diario di viaggio in cui descrive episodi e speranze, tradizioni e
personaggi. Sensibile ai dettagli e fedele alla sua missione: portare all’attenzione
della comunità internazionale le sofferenze dei Pigmei. Privati della loro
linfa vitale, la foresta.
Copertina "Io e i Pigmei" |
Nonostante le numerose ONG,
associazioni umanitarie, missionari e preti presenti in questa zona
dell’Africa, infatti, sembra che nessuno sia interessato alla vita del popolo
indigeno. Scacciati dalla giungla, assoggettati dall’etnia dominante dei Bantu,
che li costringono ai lavori forzati, i Pigmei sembrano non avere più alcuna
speranza, se non quella di tentare di sopravvivere. “Le compagnie forestali
hanno comprato tutta la foresta del sud
-scrive la Milandri – il WWF ha acquisito la foresta a nord: la gente di
Serge adesso è bloccata qui, immobilizzata dai ristretti confini del villaggio.
Niente caccia e niente pesca. Se vengono visti con selvaggina, sono subito
arrestati dalla polizia”. E ancora. “Qui noi siamo in prigione – racconta un
Pigmeo – Qui bisogna soffrire. I bantu ci prendono per lavorare, con la forza e
con le bastonate: si parte alle sei di mattina e si torna alle sei di sera e poi
ci danno 250 franchi (trenta centesimi) o ci fanno bere per forza alcolici che
ci indeboliscono, o ci danno stracci per vestirci. Adesso siamo schiavi dei
bantu e del denaro”.
E schiavi della deforestazione. Da un lato, ci sono le
compagnie forestali che posseggono terreni invalicabili assegnati dal Governo,
dall’altro c’è chi distrugge i boschi nella pura illegalità. Beffandosi delle
creature che vivono al loro interno. Poi ci sono i parchi naturali,
salvaguardati dal WWF che tutela l’ambiente ma non i Pigmei. Infine i safari,
zone per turisti ricchi che pagano fior di quattrini per cacciare specie rare e
protette, e le compagnie minerarie che usurpano terre e piante per le loro
attività. Si aggiunge anche l’oleodotto Ciad-Camerun “che squarcia la foresta pluviale
ed è chiamato progetto per lo sviluppo”.
Raffaella Milandri ha raccontato in
itinere il suo viaggio su Facebook, ha aperto la causa “Per i diritti umani dei
popoli indigeni” che oggi conta seimila iscritti. Ha lanciato la petizione per
l’adesione dell’Italia alla ILO 169, una legge internazionale a favore dei
diritti umani dei popoli indigeni. Corre in giro per lo stivale a presentare la
sua “missione”, a chiedere aiuto e sostegno. Il suo libro, ricco di
testimonianze umane e fotografiche punta dritto al cuore del suo messaggio. Si
arricchisce degli usi (come quella di affilare i denti), tradizioni, stili di
vita di questi popoli lasciati in balia del nulla. Accompagnata da personaggi
reali che vivono in quella disperazione. Un viaggio vero, concreto, in cui si
coglie tra le righe un’inconsueta dimensione emozionale, mescolata ad una
meticolosità antropologica ed umanitaria. Un viaggio che comincia – come scrive
la Milandri riprendendo una frase di Frank Michel – “dove finiscono le nostre
certezze”.
Adelina
Zarlenga
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