Riportiamo l'intervista uscita oggi su Il Tempo Franco Valente che spara a zero sulla soprintendenza, le condizioni del verlascio di Venafro e dell'area di Pietrabbondante
Pasquale Lombardi «È assurdo che in una regione piccola come la nostra vi siano una Direzione Generale e tre Soprintendenze». Lo immaginavamo armato di spada e così è stato. L'Architetto Franco Valente, noto studioso di archeologia, conclude l'inchiesta de Il Tempo sulla situazione del patrimonio archeologico del Molise. «Ma ciò che è peggio – aggiunge – gli archeologi, gli architetti e gli storici dell'arte ministeriali che operano nel Molise non appartengono ad alcuna corrente di pensiero». Perché ritiene che debbano appartenere ad una corrente di pensiero? Perché l'archeologia, il restauro e l'interpretazione dell'arte non sono fatti meccanici relegabili all'interno di perizie di intervento. Il restauro si fa in un certo modo se si appartiene ad una certa corrente di pensiero, si fa in un altro modo se si appartiene ad un'altra corrente. Nel Molise, invece, si va avanti per “perizie di restauro”, affidate ai titolari degli “orticelli gestionali”, la cui ambizione massima è la contabilità finale con le carte a posto. Le carte, non i restauri. Lo stesso si dica per l'archeologia. Nel Molise si scava a macchia di leopardo senza sapere che fine debbano fare quegli scavi. E' ora che si stabilisca che nel Molise si vieti qualsiasi nuovo scavo e si pensi a studiare, conservare, restaurare e valorizzare l'enorme patrimonio che è buttato nei sottoscala e nei depositi delle Soprintendenze. Cosa comporta secondo Lei questa ripartizione di funzioni? Quando negli anni Settanta nacque la Soprintendenza del Molise esprimemmo un giudizio positivo perché finalmente dal Molise partiva una sorta di unificazione sotto un solo tetto delle tante anime del Ministero. Erano note, già da allora, le gelosie, i conflitti, le incomprensioni tra archeologi, architetti e storici dell'arte. Il Molise avrebbe potuto rappresentare l'inizio di una riforma nazionale. Invece? Invece, funzionari convinti di essere manager, con la puzza al naso e totalmente estranei alle problematiche culturali del Molise, con l'aggravante di avere a disposizione montagne di denaro, hanno gestito i Beni Culturali alimentando nell'opinione pubblica il concetto di Cultura estranea alla Società Civile. Vuole dire che il denaro poteva essere gestito meglio? Certo, ma all'interno delle Soprintendenze si sono creati gli “orticelli gestionali”. Col risultato che lo sfascio delle aree archeologiche e l'insipienza dei restauri architettonici è davanti agli occhi di tutti. Ci faccia qualche esempio. Il Verlascio di Venafro dove all'alternarsi dei Soprintendenti corrisponde una linearità di comportamento irriguardoso verso la città di Venafro e verso la storia. L'area di Pietrabbondante, dove si continuano a spendere milioni di euro per restauri da corte marziale! Il tempio antico ridotto a una trave di cemento. Le strade di accesso lastricate in cubetti di legno! San Vincenzo al Volturno, dove è stato portato alla distruzione ormai irreversibile una delle testimonianze più importanti della storia europea dell'epoca longobarda-carolingia. A sentirla, il futuro è senza speranza? Credo che un segnale positivo possa ritrovarsi nella presenza attuale di tre Soprintendenti (Russo per l'Archeologia, D'Amico per l'Architettura e Ferrara per l'Arte) che in questo breve lasso di tempo hanno invertito la tendenza all'isolamento aprendosi alle associazioni culturali molisane.
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