martedì 21 dicembre 2010

Il sito archeologico di Pietrabbondante sulla lista di Italia Nostra dei monumenti da salvare. Intervista ad Adriano La Regina e Stefania Capini.


Il sito archeologico di Pietrabbondante sulla lista di Italia Nostra dei monumenti da salvare 

Mancano risorse economiche e valorizzazione. Intervista ad Adriano La Regina e Stefania Capini. 

PIETRABBONDANTE. In tempi di liste e listini, di muri antichi che crollano e di tagli sferzanti alla cultura, Italia Nostra ha redatto un elenco che indica i monumenti italiani da salvare. È una lista rossa, che individua i siti artistici e culturali della penisola, che avrebbero bisogno di “qualche” intervento. “Italia Nostra” è l’Associazione Nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale della nazione. Indovinate chi compare nella sua lista delle emergenze? L’area archeologica di Pietrabbondante. Quella in località Calcatello, sede di uno dei più importanti santuari dell’antico Sannio. Il motivo sarebbe la «mancanza di personale addetto alle guide qualificate. Nessun servizio. Nessuna qualificazione.» Chi ha scritto quella lista non ha tutti i torti. Il sito di Pietrabbondante è una meraviglia che lascia il visitatore senza fiato, è un pezzo di storia in armonia con la natura. Ma, è vero, non ci sono guide (tranne che in alcune occasioni specifiche) e non c’è la necessaria valorizzazione. Quest’anno, secondo indiscrezioni, la Regione aveva già deliberato la concessione di 750.000 euro indispensabili per proseguire gli scavi, ma quei soldi poi non sono mai arrivati. Sabato scorso, l’archeologo La Regina, che da quattro anni si occupa delle attività di scavo, con l’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte, ha presentato i risultati delle nuove indagini archeologiche. Altri tesori preziosi che si sono aggiunti a quelli scoperti nel corso degli anni. Lo stesso ha sollevato il problema della conservazione dei beni trovati. Dopo i primi scavi dell’800 molte ricchezze del passato sono andate disperse. Alcune sono salvaguardate in vari musei del mondo. Ma sicuramente sono lontane da questa terra, nelle cui profondità erano nascoste. Nel paese, intanto, si sta costruendo un museo, che avrebbe il compito e il dovere di ospitare i nuovi reperti. Di renderli visibili. Il sindaco ha annunciato, che se non ci saranno imprevisti, dovrebbe essere completato entro l’estate prossima. «La conservazione» - ha spiegato La Regina - «comporta più investimenti della scoperta. Fino ad ora le opere sono state ricoperte con teloni e protezioni provvisorie, ma non si può fare per sempre. Se non ci saranno progetti con questi fini bisognerà ricoprire ciò che è stato trovato.» Per capire meglio la questione e sfatare miti e leggende che ruotano intorno all’area di Pietrabbondante, abbiamo intervistato Adriano La Regina e Stefania Capini, funzionaria della Soprintendenza. 

INTERVISTA LA REGINA 

Ci sono altre aree archeologiche nel territorio in cui si possono trovare insediamenti sannitici simili a quelli di Pietrabbondante? 

«Si, ce ne sono. Rappresentati sia da singoli insediamenti privati, sia da cinte fortificate, quasi su tutte le montagne, come le mura ciclopiche che bisogna scavare per bene.» 

È sicuro che non c’è la vecchia Bovianum Vetus? 

«Si tratta di una leggenda locale. È una prima interpretazione data nell’800, ma gli scavi recenti, dal 1959 immediatamente fecero capire che si trattava di un santuario.» 

E quale connessione c’era con le zone circostanti? 

«C’era un forte insediamento sparso. Le cinte fortificate sono sintomo di comunità insediate nei dintorni. Conosciamo per esempio l’area di Carovilli, a Vastogirardi c’è un altro santuario, Agnone, Bagnoli..» 

Quali sono i metodi di conservazione dei beni, oltre al rinterro, che credo sia l’ultima opzione? 

«Si restaura, come è stato fatto per il tempio maggiore. Si riconsolida, poi serve una manutenzione continua..» 

Servono molte risorse? 

«Si, ma sono investimenti, non spese, perché tengono in vita la capacità produttiva dal punto di vista turistico.» 

Cosa è mancato in questi anni rispetto alla valorizzazione? Italia Nostra ha inserito il sito in una lista rossa… 

«Si può sempre fare di più. Tra gli anni ’70 e l’inizio di questo secolo si è fatto poco o niente. Da il 2002 sono state fatte opere di restauro. Per il turismo c’è bisogno di risorse. In tutto il mondo c’è una partecipazione dei cittadini per il mantenimento delle proprie cose. Qui siamo abituati a campare.» 

Manca l’impegno anche da parte dei cittadini? 

«C’è l’interesse ma manca la partecipazione attiva alla conservazione. Devolvere mezzi, perché il mantenimento di queste cose poi giova a tutti.» 


INTERVISTA CAPINI 

Parlando di conservazione e valorizzazione..Di cosa c’è bisogno? 

«Il problema è ampio. Da una parte c’è la tutela, cioè gli interventi che impediscono alla struttura di danneggiarsi, e poi la valorizzazione, cioè la promozione dei beni verso il pubblico. Le due cose molte volte si identificano. Il problema è che in tutti i casi sono necessari finanziamenti spesso molto cospicui. Lo Stato ha finanziamenti limitati e soprattutto rivolti alla tutela. Ci sono meno fondi sia per il momento difficile, ma le normative hanno demandato anche ad altri soggetti pubblici e volendo ci sarebbero anche i privati. Questo per lo Stato è stato un incentivo per dare meno finanziamenti. Forse nelle nostre zone, l’iniziativa privata non è molto pronta.» 

Secondo lei è necessaria l’iniziativa privata? 

«è importante non tanto per il restauro, ma per inventare nuove forme di promozione. Guide, pacchetti turistici ecc.. Sarebbe necessario anche documentarsi nelle Regioni che in questo campo sono più avanti del Molise. Imparare a valutare, studiare ciò che sarebbe più opportuno. Il quadro ottimale sarebbe una collaborazione tra i vari enti pubblici e privati. Il grande malinteso dell’utilità economica e culturale sta nel ritenere che bisogna puntare sui servizi aggiuntivi. Ma è tutto l’indotto che è produttivo economicamente e nell’indotto è necessario che il privato si rimbocchi le maniche e trovi qual è l’aspetto che gli conviene meglio. Ci sono pregi, come l’ambiente, la stessa piccolezza del territorio che permette al visitatore di girare senza essere sperduto. Anche questo va valorizzato. Bisogna che un po’ tutti lavorino per questo scopo.» 

Cosa ne pensa della lista dei luoghi da salvare, in cui c’è anche Pietrabbondante? 

« Certo che è da salvare. Pietrabbondante in Molise è il luogo simbolo. Perché è uno degli scavi più antichi, più pregevoli, la struttura più grande del Sannio. Gli ultimi scavi la stanno mettendo in una posizione importante anche a livello europeo. Gli studi ci dicono tantissimo sulla cultura dei Sanniti..» 

Adelina Zarlenga su LaVoceDelMolise

2 commenti:

  1. la dottoressa Capini è una dei maggiori responsabili dello scempio di pietrabbondante. Cosa fa? Chiede altri soldi per finirlo definitivamente?
    Ma vi rendete conto di come ha cementato il tempio arcaico ridotto ad una trave di cemento.
    Con i soldi ci facciano opere di bene in attesa che cambi questa ignobile soprintendenza dove l'archeologia è un affare per pochi.

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  2. E che dire del santuario di Campochiaro ? Tanti soldi (miliardi delle vecchie lire !) buttati per tenerlo sempre chiuso. O dello sconosciuto Museo di Venafro ? Costato miliardi (vecchie lire) ma dove i rarissimi turisti che per caso ci si imbattono vengono tampinati da zelanti custodi che impediscono loro anche un solo scatto fotografico: alla faccia dell'accoglienza e della promozione ! Tutte grandi opere volute e gestite dalla dottoressa Capini !

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