martedì 30 marzo 2010

Itinerari turistici in Molise - L'Alto Molise

ITINERARIO
AGNONE – STAFFOLI – PIETRABBONDANTE – CAPRACOTTA - S. PIETRO AVELLANA -CAROVILLI- ISERNIA (Fonte: Regione Molise)
AGNONE

La città di Agnone sorge su uno schienale roccioso in prossimità della valle del fiume Verrino. Di origine sannitica, per taluni l'attuale centro abitato sarebbe sorto sull' antica Aquilonia. Qui, infatti, sono stati recuperati diversi reperti archeologici, come la stele funeraria di Vibia Bonitas. Nel corso dei secoli è stata feudo dei Borrello, dei Carbonara, degli Angioini, dei Carafa, dei Gonzaga e dei Caracciolo. 
Notevole l'architettura e l'arte dei numerosi edifici religiosi, non a caso questa cittadina è fra i pochi comuni d'Italia a potersi fregiare della Bandiera Arancione, il riconoscimento del Touring Club Italiano che certifica la qualità turistico-ambientale delle località. Da visitare dunque la chiesa madre dedicata a San Marco (XI sec.), intorno alla quale si sviluppò il centro medioevale di Agnone; la chiesa di Sant' Antonio Abate, con campanile settecentesco; la chiesa intitolata a San Francesco con pregevoli opere; la chiesa di Sant'Emidio che conserva tredici statue lignee del XVII secolo, raffiguranti Cristo e gli Apostoli.
Tra le costruzioni civili, meritano menzione Casa Nuonno con la bottega orafa, Casa Apollonio e Palazzo Fioriti, che presentano interessanti elementi decorativi.
Particolarmente intensa l'estate agnonese il cui programma include eventi culturali, artistici e ludici.
Altamente spettacolare e di assoluto rilievo demologico è il rito igneo della vigilia di Natale, denominato 'Ndocciata, consistente in una lunga sfilata di 'ndoccie (torce) per le vie del paese. Le 'ndocce agnonesi sono strutture dalla caratteristica forma a ventaglio, composte da polifiaccole (sono marginalmente in uso, ad inizio sfilata, anche monotorce) di numero variabile, sempre pari, fino a esemplari costituiti da venti fuochi e oltre. Tali 'ndocce, che riecheggiano antichi culti mithraici, vengono trasportate da uno o due portatori in costume contadino. I portatori ('ndocciari) introducono la testa tra le fiaccole, afferrandone saldamente due e tenendo in equilibrio l'intera struttura. Durante la sfilata, gli 'ndocciari eseguono la ruotata, ossia una piroetta con cui, compiendo una rotazione completa su se stessi, mostrano lo splendore delle fiaccole e fanno sì che il fuoco formi spettacolari strisce di luce. Il materiale usato per la fabbricazione delle 'ndocce di Agnone è l'abete bianco, una pianta resinosa e di facile combustione, rintracciabile nei boschi e nelle fustaie circostanti. Da qualche anno un Museo Permanente delle 'Ndocce è stato aperto in un locale in Via Caracciolo, in prossimità di Piazza Plebiscito.
La città di Agnone, un tempo, era celebre per la lavorazione dei metalli, anche preziosi; oggi restano attivi pochi ramai, nonché artigiani che producono lavori in ferro battuto e in peltro.
Abbastanza sviluppata l'industria alimentare. Sufficienti e ben attrezzate le strutture ricettive.
La conservazione della cultura conta sulle Biblioteche Riunite e sul Museo Emidiano. Molte le manifestazioni organizzate da associazioni culturali locali. Un ruolo importante svolge il teatro Italo-Argentino, sede di numerose rappresentazioni.
La memoria storica del centro molisano è simboleggiata sicuramente da personaggi come Marino Jonata, poeta del Quattrocento, autore del poema El Giardeno (Napoli 1490), un'opera moral-teologica che, ad imitazione della Commedia dantesca, si sviluppa attraverso un viaggio nell' aldilà; Marcantonio Gualtieri, vissuto tra il XVI e il XVII secolo, illustre uomo di medicina che curò molti nobili del tempo e che combattè la dilagante piaga della peste. I suoi Discorsi Accademici furono, nel 1892, tradotti dal latino a cura di Ascenzio Marinelli e Stefano di Stefano, nacque nel 1665, uomo di legge e di letteratura, autore dell'opera La Ragion Pastorale (Napoli 1731).
Agnone nel mondo è sinonimo soprattutto della più antica fonderia di campane conosciuta, la Pontificia Fonderia Marinelli, l'unica attiva tra quelle cui diedero vita le dinastie dei numerosi fonditori di campane, che per secoli hanno tramandato tale arte. Il campanarus Nicodemo Marinelli fondeva campane già nel 1339. Le tecniche di fusione ripercorrono tuttora quelle medievali e, pertanto, conservano un suggestivo fascino d'antico. Nel 1924, Papa Pio XI concesse alla Fonderia Marinelli l'onore di fregiarsi dello Stemma Pontificio. Nel 1954, il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi assegnò alla famiglia Marinelli la medaglia d'oro per l'opera svolta dalla fonderia. Il 19 marzo 1995, il Pontefice Giovanni Paolo II, in visita ad Agnone, ha assistito ai riti di fusione, ha benedetto alcune campane ed ha firmato nella creta il suo passaggio. Nei locali adiacenti la Fonderia è stato allestito il Museo della Campana, quasi unico nel suo genere e meta di numerosi visitatori.
Ricordiamo anche l'aspetto gastronomico: ottimi i latticini quali caciocavalli, scamorze, trecce, ricotte. Rinomati anche gli insaccati. Apprezzati i confetti "ricci" di produzione locale, nonché alcuni dolci tra cui le ostie ripiene, consistenti in cialde con pasta mielosa di noci e mandorle.


- Agnone , 
'Ndocciata -
STAFFOLI

Staffoli, che fa parte del comune di Agnone, racchiude un vastissimo paesaggio naturale con un' estensione che supera gli 850 ettari dove ci sono boschi di querce e di conifere estesi per decine di chilometri quadrati, verdi pascoli e limpidi torrenti, archeologia sannita e tracce di civiltà transumante.
All'ingresso c'è la zona ricettiva dove è stato ricostruito in piccolo quello che era il Far West americano, con tanto di saloon, spazi per rodei, allevamenti e alloggi in stile. E' inoltre possibile andare a cavallo, fare trekking, partecipare a feste country, raduni, spostamenti di mandrie, o a tranquille serate davanti al camino.
Fra gli appuntamenti di rilievo c'è la Corsalonga che è il piu' grande appuntamento equestre di tutto il centro-sud d'Italia, il piu' entusiasmante raduno western all'aperto.


- Staffoli -
PIETRABBONDANTE

Appena qualche chilometro dopo, sempre in direzione Agnone, c'è l'incrocio che porta a Pietrabbondante.
Questi sorge nei pressi dei tratturi Celano-Foggia e Sprondasino-Castel del Giudice e si presenta ai visitatori arroccata su pietre locali dette "morge". Su una di esse si trovano i ruderi del castello; famosi anchele morgia detta dei Corvi e il Monte Saraceno o Caraceno, sulla cui cima si ergono fortificazioni di età preromana. 
Davvero interessante l'intero centro storico, a struttura medievale ma con tipologie abitative che vedono l'impiego di materiale proveniente dal vicino sito archeologico. E' infatti la storia antica, a partire dal IV secolo, che lascia su questo territorio una precisa traccia di connotazione sia archeologica che architettonica, con la presenza di antichissime vestigia sannitiche sia in località Calcatelo, con il Santuario ed il teatro italico, che su Monte Caraceno.
Il complesso monumentale di Pietrabbondante, con teatro, tempio e due edifici porticati ai lati di quest'ultimo, rappresenta sicuramente un maestoso complesso di culto a testimonianza della civiltà sannita che in Pietrabbondante è testimoniata, fin dal V secolo a.C., dalle necropoli presenti su monte Caraceno.
Ricordiamo, infatti, che il tempio cosiddetto maggiore è il più grande tempio, finora conosciuto, costruito nel Sannio. Il teatro invece occupa un'area che misura frontalmente 55 metri e lateralmente 90. Diverse fonti storiche collocano l'impianto tra la fine del V secolo e la prima metà del IV secolo a.C. Ricostruito molto probabilmente nel III secolo a.C., dopo essere stato quasi completamente distrutto dalle truppe di Annibale, il complesso monumentale di Pietrabbondante può essere facilmente definito come esempio di tempio coperto che sostituì gradualmente la boscaglia come luogo di culto per il popolo sannita.
La prima fase degli scavi iniziò a partire dal 1840 e terminò nel 1913, con la presenza di importanti studiosi della materia.
Meritano una segnalazione anche la Chiesa di Santa Maria Assunta, costruita nel 1666, con un bel portale di fattura barocca, il Palazzo baronale e, in Piazza Vittorio Emanuele, la statua bronzea, di circa due metri, che raffigura un guerriero sannita con paramenti tipici e scudo sul braccio.


- Pietrabbondante, Teatro Italico -

CAPRACOTTA

Capracotta, stazione climatica e sciistica a 1460 metri di altitudine posta al centro di un sistema montuoso delimitato dai complessi di Monte Capraro e Monte Campo, è oggi un attrezzato punto di riferimento per tutto lo sci di fondo del Centro - Italia. Nello splendido scenario naturale di Prato Gentile, godibilissimo d'estate ed innevato d'inverno, sono stati infatti ospitati nel 1997 i Campionati Nazionali di Sci di Fondo, consacrando Capracotta tra le località di elezione per tale disciplina. La recente apertura di una pista per lo sci alpino ha inoltre arricchito l'offerta estiva, che ospita uno storico Sci Club, fondato nel 1914 e che si fregia della Stella d'Oro CONI e del Distintivo d'Oro FISI.
Architettura in pietra locale, paesaggi brumosi della montagna appenninica, neve che oltrepassa i piani delle case in inverno ed aria fresca in estate, ottimi latticini e pecorino locali, Capracotta vanta origini che risalgono all'Età del Ferro per via dei reperti venuti alla luce in località Le Guastre. In località Fonte del Romito (o Fonte Romita) è stata invece rinvenuta nel 1848 la famosa Tavola Osca o Tavola di Agnone, tavola bronzea in osco recante un'iscrizione sacra. Origini antichissime, dunque, anche se testimonianze vere e proprie del paese si hanno solo a partire dall'epoca normanna. 
Un cenno particolare merita senza dubbio la sagra de "la Pezzata", pietanza tipica della civiltà della transumanza: i sapori della civiltà pastorale portano migliaia di persone, anche da fuori Regione, al verde di Prato Gentile la prima settimana di agosto, da quasi un quarantennio. La specialità, che meglio connota la gastronomia altomolisana, veniva preparata dai pastori in alta montagna, costituendone uno degli alimenti principali. La ricetta è di semplice esecuzione ma richiede una lunga cottura a fuoco lento, magari in un paiolo messo a bollire su un fuoco all'aria aperta
Degna di visita è la chiesa parrocchiale dell' Assunta, che al suo interno conserva artistiche statue. Apprezzabili sono i portali del campanile e il portale della Cappella della Visitazione. Oltre tale chiesa ve ne sono altre sei. Tra gli edifici civili si segnala la casa baronale, edificata nel primo Cinquecento dai nobili Gualtieri-Budone.
La festa più cara ai capracottesi è quella che si tiene in onore della Madonna di Loreto. Le celebrazioni hanno cadenza triennale e si svolgono nei giorni 7, 8 e 9 settembre. L'origine di questa festa è legata alla leggenda di un albero su cui apparve, miracolosamente, la Vergine e il cui tronco divenne poi la statua che oggi si venera.


- Capracotta -

S. PIETRO AVELLANA

San Pietro Avellana sorge al limite del tratturo Celano-Foggia. L'altitudine è compresa tra i 740 metri della valle del fiume Sangro e i 1730 della vetta di Monte Capraro. Oltre al Sangro, i torrenti Rio e Vandra bagnano il territorio, ricco di estesi boschi e di natura incontaminata; il centro abitato si presenta con un aspetto architettonico nuovo, in quanto distrutto per eventi geologici e bellici per ben tre volte, ma il suo cuore, per storia e tradizioni, è antico.
La presenza sannitica è testimoniata dalle fortificazioni, in tre circuiti murari, rilevate in località Monte Miglio, in prossimità del tratturo Celano - Foggia. Antiche sono le tradizioni legate alla vita contadina del paese: attrezzi, oggetti vari e costumi d'epoca, insieme a frammenti scultorei, sono infatti custoditi nel Museo civico della Civiltà e del Costume d'Epoca, testimonianza tangibile della volontà del paese di recuperare e conservare la propria memoria. Ancora tracce storiche ed artistiche sono visibili nel Complesso parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo, in stile romanico, con annessa Chiesa di Sant'Amico, che conserva strutture ed elementi architettonici del XIII sec. e la testa in argento del reliquiario del Santo (XV sec.). Nella Chiesetta di Sant'Amico, scintillante nei colori pesca chiaro ed avorio, è il Glorioso dedicato al Santo. Da visitare, in un locale sacro ad essa attiguo, la bella esposizione di statue lignee, in gesso e in carta pesta, piccoli capolavori per fattura, colori ed espressività. Le antiche vestigia del paese sono ben visibili anche nella Taverna della Valle, in località Taverna, e nella settecentesca Fontana Grande, che campeggia al termine di una bella scalinata in pietra.
La gastronomia si basa prevalentemente su piatti di pasta fatta in casa e su carni di agnello e capretto. Tra le paste spiccano i crejoli (simili ai maccheroni alla chitarra), le laganelle (tagliatelle), le taccozze (sfoglie tagliate a rombo) e le sagne (lasagne). Tra le carni, la pecora alla brigante, marinata in vino rosso aromatizzato con salsa e rosmarino e cotta alla griglia, e la pezzata, carne di pecora cotta in un intingolo di pomodoro, prezzemolo, rosmarino, cipolla e peperoncino. Si preparano anche gli abbuoti, involtini di interiora di agnello.
San Pietro Avellana si fregia del titolo di "città del tartufo". I tartufi sono reperibili su quasi tutto il territorio comunale. Sono soprattutto tartufi della varietà bianca pregiata e di quella nera estiva. La stagione di raccolta del tartufo bianco (tuber magnatum) inizia a ottobre e termina a dicembre; in aprile inizia la raccolta del tartufo nero (scorzone estivo, tuber aestivum), che termina a fine agosto. Si trova anche, in modesta quantità, il tartufo marzuolo o bianchetto (tuber borchii). Con il tartufo si producono formaggi, salse, olio e burro tartufati. Tipici sono i burrini, sorta di piccoli caciocavalli riempiti di burro tartufato.
A Vastogirardi, antica fortezza sannita, si possono ammirare i resti di un antico Tempio Pagano-Sannita, quasi a ricorso della strage perpetrata dai Romani nella terza guerra Sannitica contro la Colonna Linteata, condotta dal valoroso ed austero Sacerdote Ovio Paccio. 

- San Pietro Avellana, Tartufo -

CAROVILLI

Il territorio del Comune di Carovilli si presenta ondulato, con quote comprese tra gli 850 ed i 1200 metri, ed offre un panorama alto-collinare di interesse naturalistico, con pascoli estesi e morbidi rilievi coperti di vegetazione boschiva, soprattutto querce e conifere. Il paese è posto in una sella tra due montagne. Oltre che nel centro abitato è distribuito in alcune borgate, le maggiori delle quali sono Castiglione, Fontecurelli, Cerro Savino, Vaglie.
In epoca longobarda, il feudo apparteneva ai Borrello, conti di Pietrabbondante. Scarse invece le notizie di epoca normanna, sveva ed angioina. Nel XIV secolo, Ladislao di Durazzo donò Carovilli ed altri feudi a Gurrello Origlia. Del periodo più remoto di Carovilli restano varie emergenze archeologiche, quali fortificazioni e un tempietto italico (II sec. a.c.) sul monte Ferrante, nonché resti di una necropoli sannita in località Fontecurelli.
Da vedere anche la chiesa parrocchiale dell' Assunta, che conserva opere d'arte religiosa, e la chiesa sul tratturo di San Domenico. Questa, edificata sul tratturello che congiunge quelli più noti Castel di Sangro – Lucera e Celano – Foggia, rappresentava un passaggio obbligato per i pastori che dovevano ricongiungersi dai tratturi citati all'altopiano delle Cinquemiglia. Su di una parete della stessa chiesa, infatti, sono ancora osservabili sui resti di un blocco marmoreo le tariffe per il passaggio del gregge. Di un certo pregio anche la chiesa di San Nicola in località Castiglione.
Dal punto di vista gastronomico, oltre ad ottimi latticini e formaggi, è possibile gustare primi piatti a base di funghi e tartufi, presenti in notevoli quantità e raccolti nei boschi circostanti. Il tartufo bianco di Carovilli era già noto nel Settecento, così come attesta un menù festivo custodito presso l'Archivio d'Alessandro, nel castello di Pescolanciano.


- Carovilli -
ISERNIA
Nel 1978, ad Isernia, durante la costruzione della superstrada Napoli-Vasto, vennero alla luce i resti di un accampamento paleolitico datato 736.000 anni fa. Si tratta di un giacimento perfettamente conservato, in cui abbondano resti di caccia e di pasto, nonché primitivi strumenti in pietra scheggiata distribuiti su una complessa serie stratigrafica che permette di ricostruire con precisione il contenuto paleogeografico.
Il giacimento di Isernia-La Pineta rappresenta il punto di riferimento essenziale per lo studio del Quaternario del bacino mediterraneo. Esso è uno dei pochi a livello mondiale a conservare una documentazione così ricca e complessa sulla organizzazione sociale e sulla cultura dell'Homo erectus, il primo che raggiunge l'Eurasia dall'Africa intorno ad un milione e mezzo di anni fa. L'uomo erectus è in possesso di importanti facoltà mentali e di un elevato grado di cooperazione sociale nell'ambito del gruppo. Questi uomini non hanno ancora l'usanza di seppellire i morti, non conoscono l'agricoltura o l'allevamento, e sono organizzati in piccole bande di tipo familiare, composte probabilmente da non più di 15-20 individui. Si tratta verosimilmente di società di tipo patriarcale, con una precisa divisione dei compiti su basi sessuali: le donne sono responsabili della raccolta dei vegetali e gli uomini dell'esercizio della caccia.


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