martedì 8 giugno 2010

I tagli alla cultura

Riporto questo interessante articolo circa i tagli alla cultura che comincia proprio col citare il teatro sannitico di Pietrabbondante; parla Rutelli, ex ministro dei beni culturali, che denuncia le gravi ripercussioni di questi tagli su molti enti storici di ricerca. Riguardo alla Scuola Archeologica di Atene, la più importante scuola di formazione archeologi italiani che dura da più di 100 anni, segnalo questa petizione online. Tra i sottoscrittori anche il nostro Adriano La Regina.


«Il teatro di Pietrabbondante, in Molise, era un luogo di convegno delle leghe italiche, pre-romano, forse preistorico. Difficile che faccia molti utili, però non per questo va trascurato o gli va costruito accanto un McDonald’s». Usa questa immagine Francesco Rutelli, in una conversazione con il Riformista, per spiegare che il patrimonio italiano, vasto e spesso sconosciuto, non può essere considerato un peso e basta. È una risorsa naturale, e civile, che va messa a frutto senza demagogia o tendenze distruttive. Come i tagli indiscriminati di Calderoli, costringendo il povero Bondi a elemosinare qualche soldo. E l'infamia delle forbici.

«Sarebbe surreale la soddisfazione di Bondi nell’effettuare ulteriori tagli, colpendo magari la Biennale di Venezia, la Triennale di Milano, la Scuola archeologica di Atene e altre grandi istituzioni italiane: finiremmo in sere C. Noi come opposizione siamo pronti a dilagare in Parlamento», ha detto Francesco Rutelli ieri, al Quirinale, dove c’è stato un obamiano scambio di battute tra Silvio Berlusconi e Barbara Palombelli, moglie del presidente di Alleanza per l’Italia. «È sempre abbronzato suo marito… lei lavora e lui va al mare?».

Da ministro dei Beni e delle attività culturali, non è stato con le mani in mano. Rutelli rivendica il ritorno di opere italiane recuperate dall'estero. «In 20 mesi abbiamo recuperato opere del valore assicurativo di 500 milioni di euro - racconta al Riformista - Sono 1.300 anni di indennità parlamentari. Il patrimonio italiano può crescere di valore. Ed è ricchezza del Paese. Una ricchezza che ha delle spese di manutenzione, ma produce ricchezza, come il turismo». Per Rutelli, il patrimonio, vera e propria «dotazione del nostro Paese», va tenuto assieme alle attività culturali. «Che vanno sostenute anche quando sembrano a perdere: prendiamo la lirica, io ho sentito soprani e tenori giapponesi parlano un italiano perfetto a Tokyo. Se perdiamo il prestigio della lirica italiana nel mondo, chi resterà che parla la nostra lingua all'estero? Il Papa...». L'attività culturale, ovviamente, deve essere produttiva.

Ma ci sono anche settori patrimoniali che non producono ricchezza monetizzabile. «Gli archivi, le biblioteche - fa presete Rutelli - producono identità. Che ricavi possono fare? Gli spiccioli delle macchinette del caffè? Basta con questa storia che la cultura è un peso e nulla più. Companatico che se non c'è pane non ci possiamo permettere. La cultura dà anche pane a molte persone». Sia chiaro, precisa Rutelli, i ritorni economici delle istituzioni culturali pubbliche sono fondamentali. Bisogna vigilare ed evitare gli sprechi («ci sono comitati celebrativi con dentro gente improbabile»), incentivando il management. «Ricordo che il sovintendente archeologico che non autorizzò lo spostamento di 50 metri dei poveri muri di una villa rinvenuta vicino al Nuovo Auditorium, non si è potuto mettere subito l'albergo, i ristoranti e gli shop progettati. Ma erano avanzi di tufo antico, non sarebbero certi stati decontestualizzati». Ma La Regina fece resistenza.

Su Bondi, e sull'ipotesi di dimissioni avanzate dall'Idv e da molti artisti, Rutelli racconta un aneddoto inedito di quando era ministro. «È fisiologico che in un sistema marcio come quello italiano il ministero della Cultura venga calpestato. Però il valore di un ministro è proprio nella sua capacità di difenderlo. A costo della propria... non diciamo vita, ma dignità politica. Alle fine del 2006, scoprii che un funzionario delle Finanze, di sua iniziativa, aveva tolto le agevolazioni per dimore storiche. Dissi al Quirinale che se non fossero state ripristinate in un decreto legge mi sarei dimesso. Furono ripristinate».

La situazione, oggi, è più grave e il ministro non è un vicepremier. Per Rutelli, però, «non è una scelta di quest'anno: dal 2007 al 2010, la cifra per la tutela del paesaggio e dei beni architettonici si è ridotta da 105 milioni a 40,9. Più che dimezzata, un crollo. Gli affari generali, invece, sono più che raddoppiati: da 20 a 42». Il settore, quest'ultimo, che riguarda maggiormente i privilegi di chi lavora nel settore. Rispetto dei privilegi che ha, probabilmente, incentivato il silenzio dei sindacati.

Per Rutelli, però, la scelta di rendere minore e precario l'aiuto statale nel settore dei beni culturali è doppiamente dannoso. Si toglie un aiuto, pubblico, e si disincentiva l'intervento del privato. «Ci vuole certezza dell’investimento pubblico pluriennale se vuoi avere una paretecizione privata. Con i tagli, si mettono in discussione anche le sponsorizzazioni, che sono 250 milioni di euro in un anno. C'è poi la legge 238, ovvero la deducibilità per imprese che investono in cultura: un giro di 300 milioni di euro annui, con un meccanismo che oggi è in calo. Comunque, deduzioni e sponsorizzazioni valgono più del Fus».

Rutelli rivendica di aver lanciato il tax shelter, «che permette d'investire bene nel cinema anche a chi non è un cinematografaro». Rilancia «con un meccanismo virtuoso di tipo fiscale: un matrimonio tra emersione del nero e benifici della cultura. Non parlo di nuove tasse, sono contrario. Ma sugli incrementi di gettito una quota può venire destinata alla cultura. Per arrivare almeno all'1% del bilancio della Repubblica destinato alla cultura. Se stiamo al di sotto, i musei chiudono e i monumenti, come la Domus Aurea o il Colosseo, crollano. Crolla il turismo, crolla l'economia...». (Fonte: il Riformista)

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