mercoledì 14 aprile 2010

Le primavere sacre dei Sanniti - Il ver sacrum



da Franco ValenteCastelli, rocche e cinte fortificate del Molise

Quando la dorsale appenninica della parte centrale della Penisola era utilizzata esclusivamente per attività pastorali ed era occupata sostanzialmente dalle popolazioni umbro-sabelliche, nell’ambito delle attribuzioni dei pascoli scoppiò una lite tra varie tribù che finì con una supremazia, apparentemente definitiva, di quella parte di popolazione che si definiva sabina. Ma dopo l’affermazione sabina si verificarono calamità di ogni genere la cui origine fu attribuita ad una vendetta divina. I Sabini allora si rivolsero ad un oracolo nei pressi di una località ricca di acque solfuree, probabilmente l’attuale Paterno tra Città Ducale e Antrodoco (L. PARETI, Storia di Roma e del mondo romano, I, Torino 1952-1961, p.106).

In quella zona una volta vi era stato un grande lago determinato dall’allargarsi del letto del Velino, in mezzo al quale esisteva un’isola galleggiante che era stata indicata anticamente dall’oracolo ai profughi provenienti da Dodona, in Grecia, come il luogo dove fondare la nuova città di Cutilia.
Qualche tempo dopo i Sabini, che avevano sostituito gli originari abitanti del luogo, fecero dell’isola un centro religioso dal cui oracolo seppero che le cause delle calamità erano da ritrovarsi nell’ira di Ares (Marte) (STRABONE, Geographica, V, 4,12). L’oracolo aveva comunque indicato la possibilità di placarlo consacrando tutti i maschi che fossero nati nella nuova stagione. Poiché consacrare voleva dire sacrificare in onore del dio, i Sabini si preoccuparono di conoscere bene il responso dell’oracolo interrogandolo di nuovo. Questi precisò che potevano essere scannati gli agnelli, i capretti ed i vitelli, purché i nati in quella primavera, una volta giunti all’età adulta, si fossero allontanati dalla tribù e, seguendo i segni che il dio gli avrebbe inviato, avessero fondato una nuova colonia in terra straniera (SESTO POMPEO FESTO, De verborum significatione (519, Lindsay 1913): “Ver sacrum”. Il luogo dove fermarsi sarebbe stato indicato dal bue sacro che li avrebbe guidati.
Quando venne il tempo, i giovani, guidati da Comio Castronio, seguirono il bue il quale si diresse nella terra degli Opici e giunto presso un colle si sdraiò e si addormentò. Il colle prese il nome di Sannio e divenne il centro attorno al quale si sviluppò il ceppo sannitico.
La leggenda delle primavere sacre (ver sacrum) è degna di essere considerata per tutta una serie di implicazioni che sicuramente hanno importanza per conoscere non tanto cosa fosse all’origine dell’insediamento dei Sanniti nell’area da loro effettivamente occupata, quanto soprattutto per cercare di capire anche quale potesse essere il territorio, se non addirittura il colle, verso il quale si diressero. Sull’argomento si veda in particolare: J. HEURGON, Trois études sur le “ver sacrum” (coll. Latomus, XXVI), Bruxelles 1957. E. T. SALMON, Samnium and the Samnites, Cambridge1967, pp. 35s.
Strabone indica precisamente, e questo evidentemente gli era noto da una consolidata tradizione alla quale attingeva, che la regione era quella degli Opici.
Sulla individuazione geografica della terra degli Opici si è molto dibattuto e tutte le diversificate ipotesi fanno sempre riferimento ad un’area, più o meno vasta, che corrisponde alla zona montuosa della regione molisana, alla parte orientale di quella laziale e alla parte settentrionale di quella campana. Un territorio che comprende, comunque si voglia estendere, sempre il bacino idrografico del Volturno.

Si consideri che i termini Opici ed Osci si riferiscono allo stesso popolo, essendosi la voce originaria contratta ed adattata nel tempo con il passaggio Opici-Opci-Obsci-Osci, anche se più precisamente si potrebbe sostenere che negli Opici sono da individuarsi coloro che appartenevano al ceppo più ristretto dei primi abitatori di questo territorio prima della discesa di coloro che si chiamarono Sanniti, mentre per Osci debbano intendersi tutti coloro che parlavano comunque la lingua degli Opici.
Acutamente A. Sogliano fece derivare l’appellativo di Opici dal termine comune alla lingua romana di “opus”, attribuendogli così il significato di “popolo che lavora i campi”, cioè “contadini” (A. SOGLIANO, in “Rend. Acc. Lincei” ser. 5, XXI, 1912, p.209), il cui territorio coincide proprio con quell’area che dall’antichità viene ancora chiamata Terra di Lavoro e che, aggiungiamo per le considerazioni che andremo a fare, coincide sostanzialmente con la valle del Volturno (Sull’origine del termine Oschi si vedano le varie ipotesi. Secondo Vetter (E. VETTER, in RE, XVIII, 1942, s.v. Osci, col. 1545) deriverebbe dal nome della città di Opi in Abruzzo. Verrecchia (G. VERRECCHIA, in “Samnium“, XXV, 1952, p.124) e Bruno (M. G. BRUNO, in “Rend. Ist. lomb.“, XCVI, 1962, p.430) sostengono che deriverebbe dalla divinità Ops, di cui sarebbero stati fedeli).
Per Devoto (G. DEVOTO, in Enciclopedia Italiana, s.v. Oschi) una vera e propria nazionalità osca si determinò per effetto della fusione dei Sanniti con gli Opici quando fu eliminata la potenza etrusca dall’area capuana intorno al V secolo a.C.. In realtà, aggiunge Devoto, non si può parlare di un vero e proprio stato, ma piuttosto di una confederazione di tre gruppi facenti capo alle circoscritte regioni di cui la prima sarebbe stata quella più propriamente campana dell’area di Capua, la seconda quella intorno a Nola ed Abella, la terza quella di Nocera.

Un territorio che complessivamente dovette avere problemi di sovrappopolazione già dal 413 a.C. quando i campani furono costretti ad esercitare la pratica dei mercenari addirittura a Siracusa mentre, sicuramente, notevoli preoccupazioni derivavano dalla pressione dei nuovi arrivati Sanniti che, trasformando progressivamente la loro attività pastorale ed estendendosi anche al territorio vallivo, mettevano in pericolo l’economia prevalentemente agricola, e perciò stanziale, di pianura.
Nulla si conosce sia per assegnare una data precisa alla trasmigrazione mitizzata nel racconto delle primavere sacre, sia per individuare l’ipotetico itinerario seguito dai coloni che si allontanavano dalle originarie terre dell’area umbra. Recentemente la rivisitazione archeologica dell’area dell’antico monastero longobardo di S. Vincenzo alle sorgenti del Volturno ha riaperto uno spiraglio per la localizzazione dell’antica Sannia di cui parlano Festo, Floro e, probabilmente in forma corrotta, anche Strabone e che è riportata nell’epitaffio che il figlio di Scipione Barbato fece scolpire sulla tomba del padre. (Sull’argomento esiste oggi una consistente bibliografia riportata in: F. VALENTE, S. Vincenzo al Volturno – Architettura ed arte, Roma 1995).


da wikipedia:

La Primavera Sacra (Ver Sacrum in latino) era una ricorrenza rituale di origine Umbra, praticata poi da diversi popoli dell'Italia antica.
Veniva celebrata in occasione di calamità o momenti difficili, e consisteva nell'offerta agli Dei dei primogeniti nati dal 1° marzo al 1° giugno (o nel caso dei Sabini quelli nati dal 1° marzo al 30 aprile) della seguente primavera.
Gli animali venivano effettivamente sacrificati, mentre i bambini, giunti all'età dell'adolescenza, venivano fatti migrare per formare una nuova comunità, godendo di una "protezione divina"; in questa maniera nasceva un nuovo popolo. La migrazione era guidata da un totem, o animale-guida, del quale si interpretavano i movimenti per trarne auspici e direzione del viaggio.
Con il voto della Primavera Sacra nacquero nell'Età del Ferro varie popolazioni italiche. Tra le più importanti ci sono i Sabini, originati direttamente dagli Umbri, che migrarono verso sud, restando sulla dorsale appenninica; i Piceni, che ebbero come totem il picchio verde, sacro al dio poi identificato dai Romani con Marte. Essi partirono dalla Sabina e, popolarono tutto il territorio compreso dal fiume Foglia al fiume Salino, giungendo quindi a dare unità etnica a tutte le attuali Marche. Per questo motivo lo stemma della regione Marche è il picchio verde. Con simile voto nacque, sempre dai Sabini, il popolo dei Sanniti, il cui totem fu il toro selvaggio. Dai Sanniti, poi, con una nuova primavera sacra, nacque il popolo dei Lucani, il cui totem fu il lupo. Come si vede questo rito fu reponsabile del popolamento dell'Italia dell'Età del Ferro e della divisione dell'Italia in regioni. Si può inoltre facilmente evincere che, a seguito dell'istituto del Ver Sacrum, gli Umbri sono da considerarsi la popolazione madre di quasi tutti i popoli pre-romani costituenti l'Italia mediana ad eccezione dei Latini, degli Etruschi e dei Galli Senoni.
I racconti mitologici legati alla pratica rituale e le modalità con le quali venivano effettuati i sacrifici sono diversi tra le varie popolazioni.

http://www.prolococolli.it/SANNITI/page2.html

http://www.sanniti.info/smpop.html




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